Poteva essere salvata la vita dell'ammiraglio Nelson a Trafalgar ?

Storia della Medicina Militare

Vincenzo Martines
Grande emozione aveva suscitato in Inghilterra la notizia della vittoria della flotta britannica su quella franco-spagnola a Trafalgar il 21 ottobre 1805, una gioia tuttavia offuscata dalla morte dell'ammiraglio Nelson provocata dalla pallottola di un moschetto sparata da un archibugiere del vascello francese Redoutable. La pallottola aveva attraversato organi vitali ma il decesso non era avvenuto subito ma a circa tre ore dal ferimento. Un dato questo che ha fatto discutere storici e medici e posto anche degli interrogativi come quello di una nota Associazione chirurgica inglese che si è chiesta: se l'incidente fosse capitato ai giorni nostri sui gradini di un grande ospedale londinese la vita dell'ammiraglio avrebbe potuto essere salvata ?

Ma prima di rispondere e commentare questo interrogativo è d'uopo fare un passo indietro per comprendere come e perchè si era arrivati a quel combattimento navale che è stato definito come la più grande battaglia della marina velica : Trafalgar.

Il 25 marzo 1802 ad Amiens era stato firmato il trattato di pace tra Gran Bretagna e la Francia mettendo fine ad un lungo conflitto, ma in realtà era una pace fragile. Il patto venne violato più volte e Napoleone aveva continuato con determinazione il programma di incremento della flotta con lo scopo di invadere le isole britanniche.

La satira inglese ai tempi di NapoleoneEcco come la satira inglese del tempo immagina un Napoleone che minaccia di invadere l'Inghilterra

un tunnel della Manica ante-litteramAncora la satira inglese del tempo sui piani di attacco francesi per invadere l'Inghilterra.
Si noti un tunnel della Manica ante-litteram

Una minaccia che non era sfuggita agli inglesi; così le ostilità erano riprese e la Royal Navy aveva effettuato il blocco dei porti francesi.

blocco dei porti francesi da parte della Marina britannicaIl blocco dei porti francesi da parte della Marina britannica

La situazione peggiora ulteriormente nel dicembre del 1804 a seguito della dichiarazione di guerra della Spagna all'Inghilterra , mentre in Francia Napoleone è incoronato imperatore a Notre Dame alla presenza di Pio VII.

Napoleone si auto-incorona imperatore a Notre Dame alla presenza di  Pio VIINapoleone si auto-incorona imperatore a Notre Dame alla presenza di Pio VII

Nell'ottobre del 1805 la flotta alleata franco spagnola comandata dall'ammiraglio Pierre Villeneuve che era succeduto a Latouche-Treville morto il 20 agosto 1804 a bordo della sua nave ammiraglia Le Bucentaure, era ancorata nel porto di Cadice, al largo stazionavano le navi britanniche al comando di Nelson : 27 vascelli, quattro fregate e due brigantini per un totale di 17.000 uomini e 2148 cannoni.

mappa della Spagna 1805Cadice e Capo Trafalgar evidenziate nella cartina

Villeneuve , per natura assai prudente, non sarebbe uscito quel 19 di ottobre, dal sicuro riparo del porto se non avesse avuto la notizia dai suoi informatori che ben sei vascelli britannici erano a Gibilterra per rifornirsi di acqua e di viveri , la consistenza della flotta britannica quindi era fortemente ridotta. Ma si aggiungeva un altro elemento, all'ammiraglio francese era giunta la notizia di una sua imminente sostituzione con l'ammiraglio Francois de Rosily voluta da Napoleone insoddisfatto della sua condotta. Più volte Villeneuve era stato sollecitato dal Ministro della Marina Decrès ad assumere un atteggiamento più determinato : “Sua Maestà - scriveva il Ministro - vuole spegnere quella circospezione che rimprovera alla sua Marina , quel sistema della difensiva che uccide l'audacia, raddoppiando per contro quella del nemico...non bisogna esitare ad attaccare forze inferiori o anche uguali....Egli non fa alcun conto della perdita dei suoi vascelli , pur di perderli gloriosamente.”

Gli ammiragli Pierre Villeneuve e Francesco GravinaI due ammiragli della flotta congiunta franco-spagnola

Così la flotta congiunta franco-spagnola ( quest'ultima comandata dall'ammiraglio Francesco Gravina ) esce da Cadice e dirige per Gibilterra , era composta da 33 vascelli (18 francesi) , da 5 fregate e due corvette per un totale di 22.000 uomini e 2.626 cannoni.

I numeri delle forze militari impiegate durante la battaglia di TrafalgarLe forze militari impiegate nella battaglia di Trafalgar

Una situazione numerica per navi , uomini ed artiglierie apparentemente favorevole ai francesi ; ma occorre tener conto di alcuni fattori che modificano questo rapporto di forza : in primis l'addestramento alle manovre in mare dei marinai inglesi era di gran lunga superiore , così come lo spirito combattivo ; quanto alle artiglierie basti considerare che gli inglesi riuscivano a sparare da ogni cannone un colpo ogni minuto , i francesi ne impiegavano il doppio. Un altro fattore importante era costituito dalle carenze nei quadri di comando francesi che dopo la Rivoluzione erano stati sostituiti da Ufficiali, rapidamente promossi ai gradi più alti , spesso più per la loro fede repubblicana che per le loro capacità e competenze.

Ma quello che decise sostanzialmente le sorti della battaglia fu il piano di battaglia predisposto da Nelson che si discostava decisamente dalle tattiche di combattimento contenute nelle “Fighting Instructions” : queste ultime prevedevano che le squadre avversarie si disponessero con rotte opposte e parallele affrontandosi quando erano affiancate e a portata di tiro delle artiglierie.

Il piano di battaglia dell'ammiraglio NelsonNelson illustra agli ufficiali il suo piano temerario per sconfiggere la flotta franco-spagnola

Un'ordinanza di Luigi XV sulla Marina , del 25 marzo 1765, prescriveva l'adozione esclusiva della linea di fila come ordine di battaglia e stabiliva fra l'altro che nessun capitano potesse durante il combattimento uscire dalla linea, per soccorrere un bastimento della propria squadra in pericolo, salvo che l'ammiraglio non glielo imponesse per segnale.

Il piano d'attacco di Nelson è contenuto nel famoso Memorandum di cui riporto alcuni passi: “ordino che la squadra si disponga su due colonne di 16 vascelli ognuna, componendo una squadra avanzata di 8 vascelli a due ponti, i più fini velieri, onde si potrà sempre formare , occorrendo , una linea di 24 vascelli con quella delle due colonne che il Comandante in Capo designerà....La mia colonna penetrerà verso il centro , mentre la squadra leggera si condurrà sul secondo o sul terzo vascello del centro stesso al fine di aiutarci a raggiungere e a circondare il vascello ammiraglio nemico ...in questo modo ammetto che 20 vascelli nemici della retroguardia non saranno attaccati , ma occorrerà un certo tempo prima che essi possano unirsi in numero sufficiente a combattere una parte dell'armata nostra o soccorrere i loro compagni...” Una volta venuti a contatto con il nemico verrà data ai comandanti piena libertà di azione.

Il tocco di NelsonIl tocco di Nelson: "ordino che la squadra si disponga su due colonne di 16 vascelli ognuna ... "

C'è un solo punto debole in questo piano: l'esposizione delle prime navi inglesi al fuoco incrociato del nemico senza possibilità di reagire per un tempo che è funzione della velocità che nel caso specifico (per la scarsità del vento) non fece superare i due nodi alle unità britanniche . Quando Nelson nella camera di consiglio del Victory lo lesse ai comandanti sollevò un'ondata di al entusiasmo e di approvazione. La mattina del 21 ottobre le squadre nemiche sono una di fronte all'altra quella francese è disposta su un'unica fila lunga circa 5 miglia , mentre quella inglese muove su due colonne parallele come disposto dal Comandate in Capo, la prima colonna ha in testa la Victory e la seconda il Royal Sovereign con l'ammiraglio Collingwood. Mancano poche miglia per il contatto e a quel punto Nelson fa cenno a uno degli Ufficiali di stato maggiore di avvicinarsi e gli ordina : “ Signor Pasco trasmettete questo segnale all' 'Armata : L'Inghilterra attende che ciascuno faccia il suo dovere”.

La preghiera di Nelson

I vascelli inglesi inalberano solennemente la bandiera di San Giorgio; i francesi in risposta issano il tricolore mentre i loro equipaggi schierati per sette volte lanciano il grido marziale : Vive l'Empereur ! Nello stesso tempo al picco delle navi di Gravina saliva lo stendardo giallo e vermiglio delle due Castiglie. I primi colpi di cannone partono dal vascello francese Fougueax che spara sulla Royal Sovereign che era arrivata per prima , favorita dal recente cambio della fodera di rame della carena, ma non provoca danni . La nave di Collingwood punta poi la prora sulla Santa Ana e la impegna in un accanito combattimento e alla fine la costringerà alla resa ; poi è la volta della Victory che si accosta al Bucentaure che apre subito il fuoco: i danni sono notevoli il sartiame è danneggiato, e l'albero di gabbia di maestra spazzato via con tutti i coltellacci., la barra del timone è fracassata tanto che la nave dovrà essere governata attraverso paranchi dal di sotto.

La Victory durante la battaglia di Trafalgar

La nave ammiraglia Bucentaire

La risposta del vascello di Nelson è pronta ed efficace : ben 20 bocche da fuoco del Bucentaure sono smontate e i serventi fatti a pezzi; in soccorso di Villeneuve si porta il Redoutable comandato dal capitano Lucas che ha guarnite di fucilieri anche le coffe e la moschetteria dei francesi flagella la coperta del Victory.

La Redoutable comandata dal capitano Lucas

Nelson insieme con il comandante Hardy è sul ponte tra la ruota del timone ed il boccaporto che conduce alla scaletta che mette alla sua cabina.

L'ammiraglio Nelson
L'ammiraglio Nelson

E' in alta uniforme con le vistose spalline in oro mentre 4 decorazioni gli scintillano sul petto : sono le insegne dell'Ordine del Bagno, quella dell'Ordine Imperiale della Mezza Luna (si trattava di un ordine cavalleresco istituito dal sultano Selim III nel 1799 proprio per Nelson dopo la vittoria dell'ammiraglio nella battaglia del Nilo contro le truppe francesi che avevano invaso l'Egitto che dipendeva dalla Sublime Porta), quella concessa dal re di Napoli di San Ferdinando e infine quella di San Gioacchino. Un bersaglio aimè evidente, facile e pagante .

Le decorazioni dell'ammiraglio Nelson

Così ad un'ora ed un quarto dopo mezzogiorno un tiratore scelto appostato su una coffa dell'albero di mezzana della Redoutable alla distanza di circa 16 metri centrava col suo moschetto l'ammiraglio Nelson.

Il tiratore, il moschetto, e il proiettile che uccisero l'ammiraglio NelsonIl tiratore, il moschetto, e i proiettili

La palla, lo apprendiamo dall'autopsia, trapassata la spallina sinistra lesionava l'acromion e in successione fratturava la seconda e terza costola di sinistra , il polmone sinistro in prossimità dell'ilo, trancia un ramo dell'arteria polmonare , lede la sesta e la settima vertebra dorsale, interessando il midollo spinale, per fermarsi nei tessuti molli del dorso a destra a circa 2 pollici (cinque centimetri) inferiormente all'angolare della scapola.

Nelson colpito dalla palla di un moschettoNelson colpito dalla palla di un moschetto

Nelson si rende subito conto della gravità della ferita e rivolgendosi ad Hardy gli dice “I am a dead man Hardy”, viene soccorso e portato nel ponte sotto la linea di galleggiamento , considerata sicura dal fuoco nemico, dove era sistemata l'infermeria: ingombra di feriti, uno spazio angusto, scarsamente illuminato da lanterne e candele, maleodorante per la scarsa ventilazione e permeato di umido. L'ammiraglio, che non aveva perduto la lucidità del suo spirito, tanto che era riuscito a cavare dalla tasca il suo fazzoletto e coprirsi il viso perchè nel sottoponte i suoi marinai non lo vedessero ferito, viene adagiato su un lettino. Mentre il commissario di bordo, mister Burke, lo aiuta a spogliarsi, accorre il chirurgo di bordo William Beatty al quale l'ammiraglio dice : “non potete far nulla per me, Beatty, ho ancora poco tempo per vivere” .

Ma come si svolgeva il servizio di un chirurgo della Royal Navy ? L'attività era disciplinata dal Regolamento con relative istruzioni del Servizio Navale di Sua Maestà istituito nel 1731 che prevedeva per i vascelli di linea un chirurgo e tre assistenti ; nelle squadre navali in certi casi era presente una unità ospedaliera (di fatto si trattava di navi trasporto infermi ) su cui era imbarcato il medico della flotta responsabile della salute degli equipaggi. Egli eseguiva ispezioni settimanali ai chirurghi delle varie navi informando periodicamente l'ammiraglio con relazioni dettagliate. I chirurghi di marina erano tutti volontari ed avevano l'obbligo di visitare i malati due volte al giorno (erano frequenti le epidemie di dissenteria, tifo, scorbuto, malaria e febbre gialla) dovevano presentare quotidianamente la lista dei malati al Comandante e tenere un registro delle attività svolte.

La paga dei chirurghi navali era modesta, ma c'erano gli extra come la Queen Anne e il diritto di condividere il valore di vendita delle navi catturate in mare .

La paga dei chirurghi navali inglesi tra sette e ottocentoLa paga dei chirurghi navali inglesi

Beatty comunque visita l'infermo: sente il polso, sonda delicatamente il foro d'entrata con l'indice destro forse con la speranza di trovare il proiettile . Poi gli chiede di descrivere le sue sensazioni. E Nelson rispose che sentiva come un fiotto di sangue nel petto ad ogni istante , che aveva difficoltà a respirare , che avvertiva un forte dolore vicino alla colonna vertebrale dove credeva che la palla fosse rimasta e che non aveva sensibilità nella parte inferiore del corpo.

Nelson morenteNelson morente

Poi Nelson gli ordina : “andate ad occuparvi di quelli le cui vite possono essere salvate !” Beatty obbedisce : i feriti sono tanti , nella relazione che farà la stessa sera elenca ben 102 feriti con il loro nome, il proiettile che ha provocato la ferita ed il trattamento ; eseguirà 11 amputazioni di arti superiori ed inferiori , con una mortalità per quel tempo contenuta , infatti solo tre di essi non sopravviveranno (due per il sopraggiungere del tetano).

Il dottor William Beatty
Il dottor William Beatty

Ma cosa avrebbe potuto fare il dottor Beatty, che era coadiuvato da due assistenti, Neil Smitth e William Westenburg, con lo strumentario e i farmaci che aveva a disposizione e che era era quello in dotazione di un vascello di linea : seghe di vario tipo per amputazioni, stecche, pinze , sonde, trapani, forbici, coltelli, aghi per salasso , lacci emostatici, fili di lino e garze; laudano ed alcool per l'anestesia ; olio di oliva e di semi di lino e aceto freddo ,spesso mescolato con biacca, per curare le ustioni e pochi altri farmaci

Lo strumentario medico del dottor BeattyLo strumentario del dottor Beatty

Per la ferita che aveva subito l'ammiraglio e che aveva leso ( come confermerà lo stesso Beatty quando due mesi dopo eseguirà l'autopsia) un ramo dell'arteria polmonare di sinistra sarebbero stati necessari esami strumentali come la Tac o la Risonanza Magnetica per localizzare la pallottola ritenuta e valutare i danni provocati nel suo percorso e quindi formulare una precisa diagnosi che consentisse un intervento d'urgenza : sala operatoria con una equipe chirurgica , la possibilità di ripristinare la massa di sangue perduta con trasfusioni, la possibilità di praticare l'intervento con la circolazione extracorporea nel caso della necessità di una pneumectomia etc.

C'era molto caldo in quella infermeria e Nelson chiede con insistenza dell'acqua la richiesta viene soddisfatta con delle limonate , ma avverte anche un bisogno di aria e sarà ventilato con un ventaglio di carta. Il comandante Hardy gli annuncia la vittoria , Nelson gli chiede di far avere i suoi capelli a Lady Hamilton e di non far gettare il suo corpo a mare. Hardy lo rassicura, il corpo dell'ammiraglio verrà infatti messo in una botte con del brandy e secondo lo storico Christopher Hibbert , con aggiunta di canfora e mirra.

Nelson morente parla con Hardy

Le ultime volontà di Nelson, Lady Hamilton

Nelson's blood ovvero il sangue di Nelson

Ora dobbiamo rispondere alla domanda che ci eravamo posti all'inizio di questo articolo: poteva l'ammiraglio Nelson essere salvato? Ma per prima cosa è necessario formulare la diagnosi . Ci avvarremo di quattro elementi:

1° - della sintomatologia soggettiva desunta dal racconto e dalle memorie di coloro che lo assistettero ed in particolare il reverendo Scott, il commissario Burke , il comandante Hardy e il dottor Beatty essi notarono :

  • una dispnea ingravescente
  • sete ardente
  • riferita insensibilità della parte inferiore del corpo
  • dolore insopportabile sul fianco sinistro sotto la scapola (dove aveva ultimatola sua corsa il proiettile)
  • il dolore aumenta sempre più tanto che a una domanda successiva di Beatty, Nelson risponde “che continuava ad essere così lancinante da desiderare di essere morto”
  • sente un “fiotto di sangue sul petto”

2° - dell'esame clinico eseguito dal medico di bordo Beatty che constata:

  • pallore della cute che si presenta al tatto fredda sulla fronte e agli arti.
  • Sudorazione
  • polso debole, piccolo ed irregolare (dopo un'ora il polso divenne indistinto)

3° - dei risultati dell'autopsia eseguita l'11 dicembre 1805 dallo stesso Beatty :

“La palla ha colpito la parte anteriore della spallina di Sua Signoria, ed è entrata nella spalla sinistra davanti al processo acromiale, fratturandolo leggermente. E' poi discesa obliquamente nel torace, fratturando la seconda e terza costola, per poi penetrare nel lobo sinistro del polmone, lesionando un grande ramo dell'arteria polmonare. E' entrata nella parte sinistra della colonna vertebrale tra la sesta e settima vertebra dorsale, fratturando il processo trasverso sinistro della sesta vertebra dorsale, lesionando il midollo spinale, fratturando il processo trasverso di destra della settima vertebra dorsale. Ha continuato la sua corsa sul lato destro della spina dorsale, fermandosi sui muscoli della schiena, a circa due pollici dal margine inferiore della scapola destra. Rimuovendo la palla, una porzione del gallone dorato e dell'imbottitura della spallina, e un pezzetto di stoffa della giacca erano adese al proiettile” (da “Authentic narrative of the death of Lord Nelson”, W. Beatty)

La traiettoria del proiettile che colpì Nelson
La traiettoria del proiettile che colpì Nelson

4° - della diagnosi e della causa di morte secondo William Beatty:

“La causa diretta della morte di Sua Signoria fu una ferita dell'arteria polmonare sinistra, con fuoriuscita di sangue nella cavità pleurica. La quantità di sangue perduto non apparve allora essere particolarmente grave, ma dal momento che l'emorragia proveniva da un vaso così vicino al cuore, il sangue fu perduto rapidamente, causando la morte in un tempo più breve rispetto a quello che avrebbe prodotto un'emorragia di un'arteria di una parte più lontana del corpo. La lesione subita alla spina dorsale lo avrebbe fatalmente condotto alla morte, anche se Sua Signoria avrebbe potuto sopravvivere, sia pur tra grandi sofferenze, per altri due o tre giorni” (da “Authentic narrative of the death of Lord Nelson”, W. Beatty)

La morte di Nelson, il ramo dell'arteria polmonare lesionato dal proiettile
In evidenza il ramo dell'arteria polmonare lesionato dal proiettile

La valutazione di tutti questi elementi consente di poter agevolmente ipotizzare che l'exitus è stato determinato da un'emorragia di un ramo secondario dell'arteria polmonare sinistra , escludendo ovviamente quella principale che avrebbe portato a morte l'ammiraglio nel giro di pochi minuti.

Per quanto attiene infine al quesito se un intervento d'urgenza al giorno d'oggi avrebbe potuto salvargli la vita sono numerosi gli esperti , storici e medici, che hanno affrontato questo argomento. A titolo esemplificativo accennerò ad un articolo del 2005 di uno storico britannico M. Crumplin pubblicato sul J. Royal Naval Medicine Service dal titolo The Most Triunphant Death e ad un altro articolo “The Case of the Fearless Mariner With a Mortal Chest Wound”, del 2008 pubblicato su Medscape dai chirurghi statunitensi Lowenfels, Liston e Burris.

Crumplin studia innanzi tutto gli aspetti balistici della traiettoria del proiettile e il suo impatto sul polmone sinistro concludendo che la direzione obliqua della palla difficilmente avrebbe interessato il ramo principale dell'arteria polmonare; valuta il dato dello scarso emotorace riscontrato nell'autopsia e il lungo tempo trascorso tra il ferimento e la morte. Ritiene quindi che la perdita di sangue dai vasi dei tessuti molli, intercostali e paravertebrali, insieme al collasso del polmone sinistro abbia ridotto la pressione sanguigna in quel distretto e rallentato la conseguente perdita di sangue . Lo schock ipovolemico in ogni caso è stato quello responsabile dell'exitus. Per quanto riguarda il quesito sulle possibilità di sopravvivenza ai nostri giorni la sua risposta è positiva : intubazione,terapia infusionale, drenaggio, toracotomia con esplorazione di eventuali vasi sanguinanti extrapolmonari, resezione di un lobo polmonare o dell'intero polmone nel caso di emorragia interessante un grosso vaso. Possibilità ovviamente non attuabili nel 1800 , basti pensare a questo proposito che la prima pneumectomia nel mondo venne praticata da William Macewen nel 1895 su un paziente affetto da tubercolosi ed enfisema.

Ma veniamo al secondo articolo scientifico dei chirurghi Lowenfels, Liston e Burris essi escludono che l'emorragia potesse provenire da un grosso vaso polmonare , e considerano, che con la frattura della seconda e della terza costola possano essere stati interessati anche vasi intercostali fonte di sanguinamento e del conseguente shock ipovolemico. Sostengono che la vita di Nelson avrebbe potuto essere salvata anche in mare se la ferita si fosse verificata su una portaerei o in vicinanza di una nave ospedale USA come la Comfort o la Mercy ambedue dotate di 12 sale operatorie con team chirurgici di eccellenza.

La nave ospedale americana ComfortLa nave ospedale americana "Comfort"

La battaglia di Trafalgar ha avuto numerose conseguenze come la fine del sogno napoleonico di invadere le isole britanniche, e l'affermazione della supremazia della flotta inglese su quella delle altre marine e quindi il dominio britannico sul mare, un dominio che avrebbe mantenuto a lungo. Ma la concomitante gloriosa morte di Nelson , ha evidenziato le problematiche e la delicatezza del ruolo del chirurgo navale che da solo non può affrontare situazioni cliniche di particolare gravità e criticità e quindi spinto le potenze marittime del tempo a valutare la possibilità di dotarsi di vere navi ospedale con equipe sanitarie dedicate ed attrezzature medicali adeguate.

L'Italia fu tra le prime a dotarsi di questo importante ausilio nel primo cimento navale del giovane Regno d'Italia la battaglia di Lissa del 20 luglio 1866 dove c'era una nave ospedale la Washington voluta fortemente dal primo Ispettore di Sanità della Regia Marina Luigi Verde. Da allora nelle guerre coloniali , nella Grande Guerra e nel secondo conflitto mondiale oltre 40 navi bianche curarono e trasportarono negli ospedali metropolitani un gran numero di feriti ed ammalati recuperati alla salute e spesso alla vita.

La nave ospedale italiana GradiscaLa nave ospedale italiana "Gradisca"

“Ognuno di noi nel salire sul Gradisca ha volto più intensamente il pensiero riconoscente all'Altissimo che ha voluto porre le nostre fragili e già perdute zattere sulla rotta della bianca nave. Ci accingiamo ora a lasciarla, ma non vogliamo che ciò avvenga senza aver prima detto il nostro animo profondamente grato a coloro che con l'appassionata tenace ricerca e con l'affettuosa costante cura , ci hanno ridato la vita, e pensiamo che l'espressione più semplice e più bella di questa riconoscenza sia quella di confidare ad essi per primi la nostra fierezza di aver dato alla Patria anche un'odissea, le cui più vive e luminose pietre hanno il nome dei Caduti – nel grande mare al Sud di Candia” Da bordo del Gradisca, 7 aprile 1941

Queste commoventi parole sono di un naufrago del cacciatorpediniere Carducci affondato la notte del 28 marzo 1941 nel combattimento navale di Capo Matapan.


Relazione esposta dall'Ammiraglio Martines al Convegno “Diagnostica e terapia medica a bordo di navi passeggeri”, organizzato dal Prof. Mauro Salducci presso l'Aula della Clinica Oculistica del Policlinico Umberto I di Roma il 19 maggio 2016

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