I medici della Marina e i tragici eventi del 1943 a La Maddalena

attraverso le testimonianze raccolte nel mio periodo di destinazione nell'isola

di Vincenzo Martines

Voglio aprire questa mia relazione con una frase di Vitaliano Brancati, scrittore siciliano come la città che ci ospita; una citazione che mi sembra particolarmente pertinente alla metodologia di lavoro dello storico e quindi anche a chi appartiene ad una Società come quella che ha organizzato questo Convegno, la Società Italiana di Storia della Medicina:

“Io ho l'abitudine di sorvegliare continuamente la mia memoria e contare ogni sera i miei ricordi come l'avaro conta le sue monete e la notte svegliarmi con la paura che me ne manchi uno.”

Si tratta ovviamente non solo di un recupero di memorie, ma anche della loro valutazione critica e del continuo approfondimento degli accadimenti, perché il significato degli eventi sia sempre vivo attraverso le generazioni e possa servire da orientamento per le scelte esistenziali dell'uomo. Entro subito nell'argomento oggetto della mia relazione confessando che non sono sufficientemente vecchio per ricordare gli aspetti sanitari dei tragici avvenimenti che interessarono la Sicilia e la Sardegna nel 1943, ma ho avuto la fortuna di parlare con diverse persone che li vissero da protagonisti. Aiutato da queste testimonianze dirette illustrerò due episodi che hanno una sicura rilevanza storica: il primo riguarda un paziente illustre e ben noto: Benito Mussolini che venne curato per una patologia acuta da due Ufficiali medici dell'Ospedale Militare della Maddalena il colonnello Mondini e il maggiore Castagna, l'altro si riferisce all'opera svolta sempre dai sanitari dell'Ospedale Militare Marittimo nei confronti degli Ufficiali dei Sottufficiali e dei marinai feriti a seguito del bombardamento americano del 10 aprile nella base navale della Maddalena.

L'ulcera di Mussolini

Lo sbarco degli Alleati in Sicilia avvenuto il 10 luglio del 1943 segnò un momento decisivo per le sorti della guerra e nello stesso tempo mise in gravissima crisi il governo fascista. Mussolini messo in minoranza nella seduta del Gran Consiglio del 25 luglio, si recherà dal re che gli comunica la decisione di sostituirlo con il maresciallo Pietro Badoglio.

Le dimissioni di Mussolini sulla prima pagina de La Stampa

Al termine dell'udienza, accompagnato dal suo segretario De Cesare, è avvicinato dal capitano dei carabinieri Paolo Vigneri che lo invita, dirà per motivi di sicurezza, a salire su una autoambulanza. In effetti Mussolini verrà portato presso la Scuola allievi Carabinieri e qui trattenuto per alcuni giorni. Per la cronaca il capitano Vigneri, catanese, lasciò in seguito l'Arma, vinse il concorso per notaio, e divenne il notaio della mia famiglia; era inevitabile che ad ogni stipula di un atto si parlasse di quel pezzo di storia di cui era stato protagonista. Ricordo che nel suo studio campeggiava una foto di Umberto II con dedica. Il figlio del notaio, Riccardo, di alcuni corsi della Facoltà di Medicina prima del mio, ha percorso una brillante carriera universitaria ed è stato ordinario di endocrinologia.

L'arresto di Mussolini raffigurato sulla Domenica del Corriere

Ma lascio subito questa parentesi personale e ritorniamo a Mussolini che viene portato in auto da Roma al porto di Gaeta, dove lo attendeva l'ammiraglio Franco Maugeri. Imbarcano sulla corvetta Persefone e il 28 luglio giungono a Ponza; il primo giorno è confinato in una stanza del piccolo carcere dell'isola situato tra l'ex pretura e la torre dei Borboni poi nella casa di S. Maria, detta “La casa del Ras “ si trattava di ras Immirù (1892-1980) parente dell'Imperatore Hailè Selassiè e governatore del territorio dello Scirè, preso prigioniero nel 1937 dopo aver combattuto valorosamente contro l'invasore italiano. A Mussolini è stata assegnata una stanza disadorna con un lettino di ferro,,ha dolori allo stomaco, gli consigliano una dieta a base di latte e alcuni abitanti gli cedono la propria razione proveniente da una delle poche mucche dell'isola. Ma pochi giorni dopo gli giunge, assai gradita, da parte della moglie Rachele una cassetta che contiene: un pollo, dei pomodori freschi, frutta, tagliatelle e una bottiglia di olio. Lo sorvegliano 40 carabinieri, ma le uniche persone con cui può parlare sono il tenente colonnello Meoli, il sottotenente Di Lorenzo e il maresciallo Antichi, tutti dell'Arma; con loro farà anche qualche partita a carte. Gli consentiranno da fare, sempre strettamente sorvegliato, dei bagni nel mare antistante. Ma questa destinazione non appare sicura così dal porto di Ponza il 7 agosto viene fatto imbarcare sul cacciatorpediniere Pantera che dirige verso l'isola della Maddalena. Il viaggio dura 12 ore, il mare è tempestoso.

Il caccciatorpediniere Pantera che trasportò Mussolini da Ponza a La Maddalena

Un anno prima Mussolini, con animo ben diverso, aveva visitato le installazioni della base navale accolto con entusiasmo dalla popolazione. Il caccia è alla fonda, l'ammiraglio Comandante Militare Marittimo della Sardegna Bruno Brivonesi con un motoscafo scosta dalla banchina della batteria Padule e raggiunge l'unità. Il saluto con il Duce è freddo. Mussolini ben ricordava che questo ammiraglio, sposato con una inglese era stato processato (e di fatto assolto) per aver subito la perdita di 7 navi trasporto tra cui 2 petroliere e del cacciatorpediniere di scorta Fulmine che si recavano in Libia per rifornire le truppe dell'Asse (trasportavano veicoli e carburante, compresa la benzina avio) in vista della imminente battaglia di Tobruk. La battaglia navale conosciuta col nome di Duisburg (era stato il primo mercantile tedesco affondato) si era svolta a nord del golfo della Sirte; l'ammiraglio Brivonesi era sull'incrociatore pesante Trieste. Il nostro convoglio, chiamato in codice Beta, venne intercettato dalla forza inglese K, che conosceva la rotta e la velocità delle nostre navi avendo decrittato alcuni messaggi di Supermarina. Il servizio informazioni inglese come oggi sappiamo con l'organizzazione crittografica Ultra riusciva ad interpretare correttamente e rapidamente le comunicazioni radio della R. Marina che utilizzavano l'apparato Enigma. Gli inglesi, diversamente da noi, avevano il radar e sistemi di puntamento notturno, erano le ore 00.32 del 9 novembre del 1941, aprirono il fuoco e affondarono le navi trasporto del convoglio e ritornarono velocemente a Malta senza danni seri. Sul luogo della battaglia accorsero due navi ospedale l'Arno e il Virgilio che recuperarono centinaia di naufraghi.

Il cacciatorpediniere Fulmine affondato durante la Battaglia del convoglio Duisburg (1941)

Fortemente scortato da Ufficiali e Sottufficiali dei reali carabinieri Mussolini è portato a Villa Webber, un edificio che a chi lo osserva assomiglia ad un castello, dallo stile particolare, da alcuni definito moresco-italiano, ed appartenuto ad un cittadino inglese (James Phillips Webber forse era legato ai servizi di intelligence britannici) era situato su un promontorio e circondato da una rigogliosa pineta, il Duce vi rimarrà, strettamente sorvegliato, fino al 27 di agosto.

Villa Webber, in cui Mussolini fu tenuto prigioniero nell'agosto del '43

Mussolini nel capitolo “Pensieri pontini e sardi” del libro diario “Il tempo del bastone e della carota - Storia di un anno - (ottobre 1942/settembre 1943).” scriverà: “Il mio isolamento è quasi assoluto,la vigilanza attorno a me è sempre molto forte, le notizie che ricevo dal mondo esterno sono saltuarie e rare“. Le sue condizioni di salute sono precarie oltre ad una grave forma depressiva, peraltro comprensibile, anche una riacutizzazione dell'ulcera gastrica, una patologia di cui soffriva da tempo e seguita e curata da Cesare Frugoni e Aldo Castellani. Saranno gli Ufficiali medici dell'Ospedale Militare Marittimo a seguire le condizioni dell'infermo. Il giorno 10 il maggiore medico Stefano Castagna visita Mussolini e gli prescrive le cure e una dieta rigorosa; frutta, qualche uovo, pomodori e latte. Ogni giorno il maresciallo infermiere Savarese raggiungeva villa Webber e gli praticava una fiala di tribenzoica. Ma la sintomatologia persiste e il 14 agosto sarà lo stesso direttore dell'Ospedale Militare, il colonnello medico Mondini, a visitarlo e rimodulare la terapia. Mussolini nel suo diario avrà parole di elogio per lui:

“Un uomo simpatico, colto, veneziano nel senso migliore della parola, uno dei veneziani (della provincia veneta) che ho sempre considerato come la miglior stirpe italiana. Mi ha prescritto varie medicine fra cui iniezioni, Vitamina C, carbonati e gocce. Gli ho chiesto: “ne vale ancora la pena?”. Mi ha risposto: “come uomo e come medico dico di si”. Non gli è permessa alcuna visita e nella villa è accudito dalla figlia del guardiano Maria Pedoli.

Ma ci sarà una persona con cui Mussolini terrà un rapporto seppure non diretto ma epistolare. Una persona che ho ben conosciuto e con cui era nato un rapporto non solo professionale ma anche di sincera amicizia il dottor Aldo Chirico. Nel 1979 ero stato destinato nel grado di maggiore ( ufficialmente Capitano di Corvetta, ma io sono rimasto affezionato all'antica denominazione dei gradi dei corpi tecnici), come vice direttore, all'Ospedale Militare Marittimo di La Maddalena e ovviamente ero entrato in relazione con i colleghi civili dell'Isola compresi quelli dell'Ospedale civile Paolo Merlo. I rapporti erano ottimi con tutti in particolare con il radiologo dell'Ospedale Civile Paolo Cuccu valente professionista e ottimo cacciatore e con il dottor Chirico che nel 1943 era il podestà della Maddalena, il medico condotto e anche apprezzato giornalista. In una amabile conversazione serale mi confidò del suo rapporto con Mussolini prigioniero e in un'altra occasione mi regalò un suo scritto “Mussolini prigioniero a La Maddalena” con una dedica molto affettuosa e in cui si augurava di potermi rivedere con i gradi di ammiraglio, la riporto integralmente:

“Vincenzo Martines: Collega ed amico!
Soprattutto Uomo di educazione squisitissima, che non può non eccellere per le sue qualità morali e scientifiche nel campo difficile della medicina.
Mi auguro abbracciarlo presto come Ammiraglio”

5/9/1982 Aldo Chirico

Il frontespizio dello scritto di Aldo Chirico"

Dal marzo del 1943 Chirico era sfollato nella sua casa di campagna adiacente a villa Webber e ben conosceva la Pedoli che come detto eseguiva le pulizie, rifaceva il letto, lavava la biancheria del prigioniero che disponeva di due disadorne camerette ed un terrazzino che si affacciava sul mare e dormiva su un lettino di ferro. Scriverà il dottor Chirico nel suo libello “mancava persino il crocefisso!” A questi disagi si aggiungevano nugoli di fastidiose zanzare e il divieto di fare il bagno nel mare antistante la rada di Padule. La Pedoli accetta di fare da tramite con Mussolini che non mancherà di assumere informazioni su Aldo Chirico, le avrà da Monsignor Salvatore Capula, parroco dell'Isola, uno dei pochi che aveva accesso alla Villa. Le referenze sono ottime e così attraverso piccoli pezzi di carta e scritti con la matita il Duce conoscerà gli avvenimenti che accadevano in Italia. Alla prima lettera Mussolini risponderà così:

“Le vostre parole sono le prime che dopo tre settimane di quasi assoluto isolamento aprono uno spiraglio di luce. Di quanto è accaduto dopo il 25 luglio conosco pochi particolari ed imprecisi. Ignoro persino la sorte di mio figlio. Il futuro è legato alle vicende della guerra. Fissate nella memoria queste parole e stracciate il foglio. Vi contraccambio cordialmente il saluto.”

Le visite di monsignor Capula furono per il duce di gran conforto tanto che Mussolini il 31 agosto scrivendo dal Gran Sasso alla sorella Edvige diceva:

“In un'isola aveva incominciato, dopo 40 anni, il mio avvicinamento alla religione. Se ne occupava un Parroco di fama ottima. Poi sono partito e la di lui fatica rimase interrotta.”

Il 19 agosto è un giorno particolare, l'ammiraglio Brivonesi gli consegna una lettera della moglie Rachele e un dono di Hitler per il suo 60° compleanno: le opere di Nietzsche in 24 volumi Nel suo diario Mussolini non dimenticherà la solidarietà umana del dottor Chirico e avrà per lui parole di riconoscenza. Il 27 agosto di prima mattina Mussolini lascia La Maddalena a bordo di un idrovolante della CRI che farà scalo a Vigna di Valle e da lì in auto proseguirà per il Gran Sasso.


10 aprile 1943.
il giorno più lungo per l'Ospedale Militare

Ma un altro tragico evento si era verificato alla Maddalena pochi mesi prima di questi accadimenti: il bombardamento della base navale avvenuto il 10 aprile da parte di fortezze volanti americane con il conseguente affondamento dell'incrociatore pesante Trieste su cui erano state scaricate oltre 100 bombe da 500 kg e i gravi danni riportati dall'incrociatore Gorizia.

L'incrociatore Trieste

Oltre a queste unità erano stati distrutti i MAS 501 e 503, colpita la base sommergibili, danneggiato il sommergibile Mocenigo con un morto e due feriti. Il primo messaggio inoltrato dal Gorizia a Supermarina diceva:

“Ore 14.50, circa 30 quadrimotori provenienti nord-ovest, Gorizia colpito centrosinistra et torre 3, semialt nave inutilizzabile con incendio a bordo. Trieste colpito plancia, caldaia prora et poppa estrema, affondato rovesciandosi sulla dritta at ore 16,13 per allagamento incontenibile falla centro dritta et poppa. Perdite numerose che mi riservo precisare.”


L'incrociatore Gorizia

Sul Gorizia si contarono 97 feriti e 28 morti, sul Trieste (era stato varato nel 1926 nei cantieri navali triestini, dislocava 13.885 t., aveva una velocità di 35 nodi e per armamento principale 4 torri binate da 203 mm) 50 feriti e 30 morti. Le vittime sarebbero state ancora più numerose se non fosse stata programmata una partita di calcio nel primo pomeriggio tra il personale dei due incrociatori che si trovarono così fuori tiro. Nel 1943 non c'era l'Ospedale Civile (fondato nel 1970) e la salute dei maddalenini era affidata al medici dell'Ospedale Militare Marittimo, il pomeriggio del sabato 10 agosto affluì presso il nosocomio una massa di feriti la più parte marinai dei due incrociatori, e non essendo sufficienti gli 80 posti letto, gli infortunati furono sistemati nei corridoi e nei locali adiacenti, oltre alla sala operatoria il direttore aveva fatto approntare due sale di medicazione per i feriti leggeri.

Come ho avuto modo di dire nel 1979 ero stato destinato in questo ospedale dove oltre all'incarico di vice Direttore, ero Capo del reparto Medicina e dove ogni mattina alle 08.00 iniziavo la visita insieme ai colleghi e a suor Maria, la suora del reparto, prescrivevo gli esami ematologici (eseguiti in laboratorio dal cavalier Pedrini), radiologici ed altri e ovviamente la terapia, andavo poi in radiologia e leggevo i radiogrammi eseguiti dal bravissimo tecnico di radiologia ed eccellente fotografo il maresciallo Benito Pispisa; al termine della giornata adottavo i provvedimenti medico legali per gli uscenti e relazionavo il Direttore il colonnello medico Carlo Policreti. sull'andamento della giornata sui problemi relativi al personale e le proposte di miglioramento dei vari servizi.

La visita medica mattinale nel reparto di medicina. La Maddalena, 1981

Di buon'ora la mattina lasciato l'alloggio di servizio un grazioso villino in stile liberty adiacente l'ospedale, passavo attraverso il giardino e l'orto (nel mese di agosto non mancavo di fare una scorpacciata di fichi bianchi) e raggiungevo il mio studio quando alle sette in punto scendevano dai loro alloggi situati al terzo piano le buone suore di san Vincenzo, una, Suor Maddalena, la cuoca, andava in cucina, la raggiungevo e sorseggiavo il primo caffè.

L'alloggio di servizio dei Direttori dell'Ospedale Militare de La Maddalena

Suor Maddalena era stata destinata nell'ospedale fin dal 1942 ne conosceva la storia, l'attività,la sequenza degli ufficiali e dei sottufficiali che vi erano stati destinati e gli eventi vissuti. Tanti gli avvenimenti di cui mi parlò tra questi quelli di donna Cleia Garibaldi, figlia dell'eroe dei due mondi che viveva nella vicina Caprera e che fino alla sua morte avvenuta ne 1956 veniva seguita e curata affettuosamente dai medici dell'Ospedale. Ma di un evento aveva dolorosa memoria quello seguito al citato bombardamento della base navale del 10 aprile 1943: quella massa di feriti ed ustionati che ricorreva alle cure dei medici militari: ovunque sangue e lamenti; mi raccontava commossa l'opera particolarmente difficile e complessa del personale sanitario che affrontò con competenza e professionalità lesioni spesso gravissime e le tante vite umane salvate.

Le suore di San Vincenzo. Al centro, seduta, Suor Giuseppina.
In piedi, da sinistra, Suor Elisa, Suor Maria, Suor Maddalena, la superiora, Suor Luisa


Relazione tenuta al Convegno “1943: Sicilia e Sardegna, la guerra, lo sbarco, il ruolo della Medicina Militare” organizzato da Cristina Tornali e Francesca Vardeu della Società Italiana di Storia della Medicina a Catania il 18 luglio 2018

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