Regolo Moise e Giuseppe Tucci nella spedizione in Tibet del 1948

Storia della Medicina Militare

Vincenzo Martines
Regolo Moise nasce nell'isola di Cherso (Pola) il 2 novembre 1901 e nel 1925 si laurea in Medicina e Chirurgia alla R. Università di Roma. Vince il concorso per Tenente medico della R. Marina e nel 1930 imbarca come 2° medico di bordo sulla nave da battaglia Doria.

La nave da battaglia Andrea Doria

Frequenta un corso di Patologia esotica e parassitologia presso l'Università di Amburgo e quello di patologia tropicale alla R. Università della “Sapienza “ di Roma nell'Istituto diretto dal prof. Aldo Castellani che sarà Alto consulente per il Ministero della Marina sia nella guerra italo-etiopica che nella 2° Guerra mondiali e per i suoi meriti rivestirà il grado di Generale Medico e riceverà da Vittorio Emanuele III il titolo di Conte di Chisimaio.

Il Generale Medico Aldo Castellani

La successiva destinazione di Moise è all'Ospedale civile di Mogadiscio incarico ricoperto sino al dicembre del 1934, poi è ad Assab come Capo servizio sanitario; successivamente è destinato alla base di St. Camaran nel mar Rosso e quindi a Massaua.Nel 1941 è fatto prigioniero dagli inglesi; nel maggio del 1943 rientra in Patria e imbarca sulla corazzata Vittorio Veneto. Nel 1948 farà parte della spedizione Tucci in Tibet. Promosso Colonnello dirigerà l'Ospedale Principale MM di Taranto. Lascia il servizio attivo nel 1962. Si spegne a Roma il 1 novembre del 1982.

La spedizione in Tibet del 1948

Per il suo viaggio a Lahsa del 1948 Tucci segnala ed ottiene dal Ministero della Marina il Tenente Colonnello Regolo Moise, tropicalista, con loro il fotografo Piero Mele e per le riprese cinematografiche Fosco Maraini che aveva accompagnato Tucci nella spedizione nell'alto Sikkim, nel 1937 e autore dello splendido volume “Segreto Tibet” e che tra l'altro era stato insegnante di inglese per gli allievi dell'Accademia Navale imbarcati sull'Amerigo Vespucci.

Regolo Moise, il primo a sinistra; al centro il fotografo Piero Mele e Giuseppe Tucci, Tibet 1948

Il Tibet rappresentava allora per gli studiosi il frutto proibito e quindi quello più gustoso e questo perché il paese era chiuso agli stranieri e il lasciapassare concesso dalle Autorità tibetane era cosa eccezionale e rilasciato solo a persone di particolare riguardo e per comprovati motivi di studio. Il 4 aprile del 1948 sono a Gangtok, capitale del Sikkim, dove noleggiano i cavalli per raggiungere, dopo nove giorni Yatung il primo villaggio in territorio tibetano.

Fosco Maraini, che si occupava delle riprese cinematografiche, prese parte anche alla spedizione Tucci in Tibet del 1948

Regolo Moise conduce il gruppo, dietro Giuseppe Tucci

Qui Tucci invia un telegramma a Lhasa richiedendo il lasciapassare per lui e i suoi compagni, ma la risposta è deludente:

“Voi potete visitare il Tibet per un periodo di tre mesi perchè voi siete buddista, vi preghiamo di telegrafare il numero dei cavalli e delle bestie che avete con voi …riguardo ai vostri compagni ci dispiace confermarvi che le domande sono stare respinte...”
Tucci rassicura i suoi compagni, giunto nella Capitale incontrerà il Reggente gli rinnoverà la richiesta che sarà sicuramente accordata.

Partirà per Lhasa il 24 maggio, non è un giorno casuale, in Tibet quando si intende intraprendere un viaggio bisogna scegliere quello propizio, per cui Tucci, prudentemente, tenendo conto del carattere superstizioso dei carovanieri, consulta il calendario tibetano e chiederà il parere ad un astrologo locale. La carovana è composta da 25 portatori, il Sirdar (cioè il capo carovana) Tenzin, il cuoco e 20 cavalli e arriveranno dopo lunghe e faticose marce nella capitale del Tibet. Qui incontrerà le massime Autorità dello Stato, renderà visita insieme ad altri dignitari al Dalai Lama che non, avendo raggiunto i 18 anni, non concede di massima udienze private; avrà un colloquio con il Reggente Traktà Rinpocè, i due tutori del Dalai Lama, i capi del gabinetto e tanti altri importanti dignitari con cui tra l'altro discuterà, conoscendo perfettamente il sancrito ed il tibetano, di temi religiosi legati al buddismo tibetano.

Il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso all'età di 15 anni (1950)

Anche se Moise non era presente nel palazzo del Potala nell'incontro con il Dalai Lama (che per la storia è l'attuale XIV Dalai Lama, Tenzin Gyasto, nato il 6 luglio del 1935 in un piccolo villaggio del Tibet nord-orientale) mi piace riassumere sinteticamente come Tucci descrive quel solenne momento:

“Giunto davanti a Sua Santità prontamente svolgo la sciarpa cerimoniale di maniera che i due capi pendano in misura uguale dall'una e dall'altra p'arte e le mani restino proprio al centro, un monaco a sinistra mi porge, uno dopo l'altro, una statua,un libro ed un reliquario, io li ricevo da lui sorregendoli con la sciarpa e a mia volta li consegno al Dalai Lama che da me li prende e li passa ad un assistente. E' una comunione mistica tra il visitatore e il Dalai Lama; statua, libro e reliquiario simboleggiano i tre piani di cui ogni persona umana e divina si compone: fisico, verbale e spirituale, nella loro essenza trascendente, rispettivamente localizzata sulla testa, sulla gola e nel cuore. Avvenuto lo scambio dei tre oggetti mi tolgo il cappello ed inchino la fronte, il Dalai Lama mi benedice poggiando le mani sulla mia testa ed annodando intorno al mio collo una sciarpa rossa...”

Alcuni giorni dopo, poco prima della prevista partenza, Tucci viene colpito da coliche intestinali, con diarrea e febbre, la sintomatologia persiste, non c'è Moise, per cui si rivolge al Direttore del Collegio medico che sorge su una collina Chagpo-Ri (Monte del ferro) nelle vicinanze della Capitale, una scuola dove gli studenti, tutti monaci, hanno a disposizione bellissime tavole anatomiche illustrative e una imponente raccolta di droghe e di erbe manipolate secondo le istruzioni dei Maestri.

Erbe medicinali usate nella medicina tibetana tratte da uno dei 79 Thangka che accompagnavano il Berillo Azzurro (dettaglio), XVII sec. Voluti da Sangye Gyamtso (1653-1705), reggente del quinto Dalai Lama, i rotoli (thangka) su tela raffigurano la summa della sapienza medica tibetana. Ogni rotolo è composto da decine di piccole scene, ognuna delle quali è accompagnata da un testo dettagliato. Lo scopo era quello di facilitare la memorizzazione dei cosiddetti Quattro Tranta, i trattati che costituiscono il fondamento della medicina tibetana

Thangka tratto dal Berillo Azzurro in cui vengono illustrati gli strumenti chirurgici usati nella medicina tibetana (XVII sec.). Ogni Thangka (rotolo su tela) illustra un aspetto del sapere medico: embriologia, anatomia, fisioogia, patologia, metodi diagnostici, dietetica, farmacologia, tecniche terapeutiche e così via. Per un approfondimento www.thangka.de

Gli verranno date delle pillole così efficaci, che ne chiese ed ottenne una scorta per il viaggio. A proposito della medicina tibetana nel suo diario dirà: “ La cura psicologica dunque non si disgiunge mai dalla applicazione delle droghe; non tanto per volere del medico, ma per la stessa predisposizione dei malati i quali sono persuasi che quelle pillole o ingredienti non sono una semplice miscela di sostanze chimiche o combinazioni di erbe, ma per essere stati manipolati con preghiere e riti ed invocazioni racchiudono miracolose virtù curative. Molte medicine si distribuiscono insieme con brevi manualetti che descrivono le cerimonie e le preghiere da compiere o recitare prima di servirsene e che pertanto assicurano la guarigione.” Tucci lasciata Lhasa visita le città vicine in particolare Samye e poi la valle di On; quindi riprende il cammino del ritorno giungendo a Chushul dove viene raggiunto da Moise e Mele che nel frattempo hanno ottenuto il lasciapassare, negato invece a Fosco Maraini che è tornato in Italia.

Ma veniamo a Moise che era rimasto con Mele due mesi a Yatung e dove in breve tempo aveva guadagnato la fiducia di quegli abitanti per la sua abilità di medico tanto da essere continuamente subissato di pareri e prestazioni terapeutiche che dispensava generosamente.

La Sanità Militare Marittima infatti gli aveva fornito una notevole dotazione di farmaci, strumentari medici e medicature tra cui:

  • novarsenobenzolici
  • fiale di cocaina
  • Sulfamidici
  • Antisettici intestinali
  • Antireumatici
  • Vitaminici
  • Fiale di penicillina
  • Sieri e Vaccini
  • Chinino
  • Pomate
  • Tintura di Castellani
  • Medicature varie
  • Microscopio da viaggio
  • Apparecchi di indagine clinica
  • Strumentario chirurgico

Nel diario scritto da Tucci dal titolo “A Lhasa ed oltre” è inserita un' Appendice sulla Medicina e l'Igiene nel Tibet a cura di Regolo Moise.

Il frontespizio del diario della spedizione del 1948 "A Lhasa e oltre"

Scriverà queste note con la consapevolezza che hanno valore informativo in un paese chiuso agli stranieri, ma potremmo dire quasi chiuso, perchè sotto l'aspetto sanitario in quegli anni esistevano tre (anche se modeste) strutture sanitarie dove si praticava la medicina occidentale. La prima era un dispensario a Lhasa diretto da un Ufficiale medico inglese della Legazione britannica che Moise incontrerà a Chushul e con cui avrà informazioni dettagliate sulla situazione igienica e le malattie riscontrate. Una seconda struttura è a Yatung è un ambulatorio diretto da un medico del Sikkim che gli farà vedere i registri delle visite effettuate. Infine un ambulatorio nel villaggio di Gyantse diretto da un capitano medico indiano. Anche questo Ufficiale mette a disposizione di Moise i registri delle visite effettuate.

Attraverso le esperienze personali con i tanti infermi che ha visitato e curato (il viaggio è durato complessivamente oltre 6 mesi), i colloqui con i colleghi che ho citato e la consultazione dei registri che ha avuto in visione scriverà questa interessante relazione. Le prime osservazioni che fa riguardano il clima del Tibet che sia pur diverso nelle varie regioni (il Tibet ha una superficie di 1.200.000 chilometri quadrati) è di massima freddo-secco (Moise noterà molte persone affette da congelamento alle mani e perdita di falangi) con forti escursioni termiche, con un sole che esercita un'azione intensa (le donne si tutelano usando per la faccia pomate nerastre a base di olio di senape; sono comunque frequenti le oftalmie da neve e sole, così come la cataratta) soffiano frequentemente impetuosi venti da nord e nelle regioni centrali il monsone indiano.

Passerà poi ad esaminare i problemi dell'aria generalmente viziata nelle case e dovuta alle esalazioni provenienti dalle stalle sottostanti ma soprattutto dal fumo dello sterco di Yak usato come combustibile, le conseguenze sono le irritazioni croniche delle mucose delle vie respiratorie. Citerà anche alcuni aspetti dell'alimentazione dei tibetani: consumano notevoli quantità di tè cui aggiungono del burro: una media di 12 tazze al giorno!Una bevanda che viene offerta ai visitatori e che offenderebbe il padrone di casa se la riufiutasse. Tucci descrive così la sua preparazione: “ si fa bollire a lungo il tè poi lo si rovescia in un recipiente di legno a forma di tubo insieme a burro, sale e a volte un pizzico di soda, lo si agita e dopo averlo riscaldato lo si offre in tazzine di rame, argento o giada.”

Una celebre foto di Giuseppe Tucci che beve il tè (1948)

Base dell'alimentazione tibetana è la farina d'orzo tostato, il latte, legumi e patate, carne di yak o di pecora, frutta e birra d'orzo; l'abitudine al tabacco è diffusa, mentre l'oppio era consumato solo nei territori confinanti la Cina. Una delle malattie endemiche più frequenti è il vaiolo, tanti ne portano i segni sul volto, anche il tifo esantematico il cui vettore è il pidocchio è comune, così le elmintiasi intestinali (tenia), le affezioni osteoarticolari (morbo di Pott), la febbre tifoidea, meno frequenti la rabbia (e questo nonostante l'abbondanza di cani randagi) la meningite cerebro-spinale, la lebbra, la tubercolosi.

A Gyantse Moise diagnosticò microscopicamente un caso di dissenteria amebica. Non riscontrerà invece casi di peste, né di carbonchio. Per quanto attiene alla malaria gli riferiscono che essa sarebbe presente solo nella zona sud-orientale del paese, quella confinante con la provincia cinese dello Yunnan, un territorio con altezze medie minori e quindi più gradite agli anofele. Tuttavia Moise riferisce di aver catturato nella sua stanza due anofelini che identificò come varietà della specie A. Lindesayi e A. Gigas entrambe alate e conosciute per essersi adattate ai climi imalayani; inoltre sull'altipiano di Lingmatang, sulla strada per Gausta e Phari ad oltre 3000 metri riuscì a mettere in evidenza focolai larvali di anofeles.

Ma le malattie che dominano le statistiche sono quelle veneree dovute probabilmente alla mancata conoscenza delle norme igieniche e a una certa spregiudicatezza nei costumi sessuali di quelle terre. Nell'ambulatorio della città di Gyantse su 12.000 persone visitate dal capitano medico indiano Rai Sahib Bo Tseringin nell'arco di un biennio riscontrò 608 casi di sifilide e 374 di blenorragia; mentre a Yantung in un anno si verificarono 165 casi di sifilide e 68 di blenorragia. Moise accenna anche alle patologie neuropsichiatriche presenti anche se non eccezionali nei monasteri dove vigono particolari e rigide condizioni di vita, Moise ne constatò personalmente due: una a Shigatse: stavano facendo colazione nella tenda quando Adù uno dei servi gli comunica che fuori c'è un ferito con le budella di fuori, accorre subito e vede un monaco che in un accesso di follia con un coltello si era prodotto uno squarcio all'addome Esegue un'anestesia locale, ripone i visceri nella cavità addominale cospargendoli abbondantemente con penicillina e sutura la ferita. Al monaco sarà praticata la terapia con fiale di penicillina 4 volte al giorno ed al 5 giorno il malato ricomincia a mangiare. Il credito di Moise è alle stelle, i locali credono che sappia resuscitare i morti! La spedizione ha raggiunto i suoi obiettivi scientifici e riprende il cammino del ritorno. Il 13 ottobre, in una giornata di sole, valicano il passo di Sebula, ma riportiamo le sensazioni di Tucci con le sue parole:

“Per l'ultima volta ho dato uno sguardo d'addio alle montagne d'oro su cui le prime tormente di neve avevano solcato squarci candidi ed ho sentito nel cuore una pungente nostalgia: nostalgia non solo per un paese dove la vita è dura e la bellezza della terra è fascinosa, ma anche per una gente amica che mi aveva per molti mesi cordialmente ospitato.”

Regolo Moise, il primo a destra, Giuseppe Tucci e il Prefetto di Shigatse, Tibet (1948)

Bibliografia

A Lhasa e oltre con un'appendice sulla medicina e l'igiene nel Tibet di R. Moise, Giuseppe Tucci, Libreria dello Stato

L'esploratore del Duce; Enrica Garzilli; Memori Asiatica Association: Roma - 2012

La Storia e gli uomini del Corpo sanitario della Marina Militare; Vincenzo Martines. Roma: Adel Grafica 2000


Relazione esposta dall'Ammiraglio Vincenzo Martines al Convegno “GLI UFFICIALI MEDICI DI MARINA CHE ACCOMPAGNARONO GIUSEPPE TUCCI IN NEPAL E IN TIBET”, organizzato dalla Sezione di Storia della Medicina Militare della Società Italiana di Storia della Medicina presso la Sala Alessandrina dell'Accademia di Storia dell'Arte Sanitaria di Roma il 24 novembre 2017

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