Tra vampiri, liquori e giardini botanici.
Gerard Van Swieten, l'archiatra di Maria Teresa d'Austria

Storia della Medicina

Vincenzo Martines
Sono due le parole chiave che segnano a mio parere la vita ed il ruolo svolto da Maria Teresa d'Austria: unificazione e riforme, perseguite anche attraverso una scelta saggia ed accorta di uomini di valore che le furono sempre fidati e fedeli consiglieri. L'imperatrice fin dai primi anni del suo regno aveva intuito che bisognava costruire un apparato statale unificato e centralizzato riducendo necessariamente i poteri dei vari stati che componevano l'impero. Un'impresa non facile ma che condusse con successo, tenendo sempre lei la barra del timone, grazie alla sua tenace volontà e fermezza.

A sinistra, una giovanissima Maria Teresa (1717-1780). Ritratto di Andreas Møller, 1729. Il padre, Carlo VI d'Asburgo, che sperava ancora in un erede maschio, non la istruì sugli affari di stato né diede alla figlia la preparazione propria di un erede al trono. Maria Teresa ricevette esclusivamente nozioni di disegno, pittura, musica e danza, discipline tipiche per un ruolo di una principessa o di una regina consorte. A destra, L'imperatrice in un ritratto di Martin van Meytens, 1759.

Le riforme interessarono tutti gli apparati e gli aspetti dello Stato: in primis l'Esercito (ogni reggimento aveva le sue regole per la marcia, lo spiegamento, le manovre; gli stessi comandi avevano significati differenti per i diversi reggimenti; il classico colore bianco imperiale delle divise era in uso da molto tempo ma le uniformi avevano fogge e mostrine molto differenti tra loro), importante e non senza contrasti fu la separazione del potere amministrativo da quello giudiziario, così come l'introduzione nel 1766 del Codex Theresianus che definiva i diritti civili e due anni dopo la Constitutio Criminalis, per gli aspetti penali, la fondazione del Theresianum per educare e preparare i funzionari della burocrazia unificata, la riforma dell'Università delle Scuole Superiori e di quella Elementare, che verrà estesa a tutte le classi sociali, l'istituzione di una Accademia di “Lingue orientali” finalizzata alla preparazione del personale diplomatico.

Nel campo del miglioramento dell'istruzione laica, non solo medica, l'imperatrice scelse e si affidò ad un medico olandese nato a Leida nel 1700, Gerard van Swieten, che era stato allievo del fondatore del moderno insegnamento clinico e ideatore di un nuovo tipo di struttura degli Ospedali, il professore Herman Boerhaave, clinico, chimico e botanico, anche lui olandese e che noi medici oggi conosciamo per la sindrome che porta il suo nome “la rottura spontanea dell'esofago di Boerhaave“ magistralmente descritta in un caso che aveva interessato l'ammiraglio olandese barone Jan von Wassenaer.

Herman Boerhaave (1668–1738) Medico, chimico e botanico olandese, I suoi Elementa chemiae (1724) hanno a lungo costituito la guida per lo studio della chimica. Fondatore del sistema di insegnamento clinico moderno, descrisse per primo la sindrome che porta oggi il suo nome e che provoca la rottura spontanea dell'esofago.

Maria Teresa, la cui sorella Maria Anna aveva sposato il principe di Lorena aveva sentito parlare di Van Swieten dal conte Kaunitz, consigliere politico del principe, che nelle lettere manifestava la sua ammirazione per l'intelligenza vivace e creativa e la profonda competenza professionale di questo medico, ma ne sottolineava la mentalità indipendente, una dote che l' imperatrice apprezzava molto nei suoi collaboratori.

Ritratto di Van Swieten (1700-1772)

Van Swieten, che era cattolico, anche questo un aspetto assai gradito all'imperatrice, accettò volentieri l'invito a diventare il medico personale della sovrana, fu direttore della biblioteca di Corte, professore all'Università, fondatore della Scuola medica viennese, di una nuova Scuola di Anatomia e sostenitore del progetto del Giardino Botanico di Schoenbrunn realizzato nel 1753 da Nikolaus Joseph von Jacquin anche lui di Leida ed autore di un pregevole Catalogo delle piante e dei fiori presenti nel Parco.

A sinistra, il barone Nikolaus Joseph Jacquin (1727-1817), medico e botanico olandese. L'imperatore Francesco I lo incaricò di recarsi in America allo scopo di raccogliere piante rare ed esotiche per i parchi imperiali di Vienna e per il castello di Schönbrunn. Questo viaggio durò dal 1755 al 1759. Jacquin riuscì a portare in Europa molti tesori botanici del Nuovo Mondo, che classificò utilizzando il sistema di tassonomia di Linneo. Al centro il frontespizio di "Selectarum Stirpium Americanarum Historia" dove vengono descritte le piante originarie di Martinica, Cuba, Giamaica, Santo Domingo e di altre regioni costiere della zona di Cartagena. A destra, una illustrazione tratta da "Plantarum Rariorum Horti Caesarei Schoenbrunnensis Descriptiones Et Icones", un catalogo delle piante e dei fiori presenti nel Parco di Schoenbrunn

Van Swieten, qui dipinto mentre studia delle piante, fu un grande sostenitore del progetto del Giardino Botanico di Schoenbrunn

Van Swieten, anche se non ne aveva ufficialmente il titolo, da molti veniva definito il “il Ministro dell'Istruzione”. Per riformare i Corsi di Medicina, superando i privilegi delle corporazione degli insegnanti e l'egemonia della Chiesa, la cultura allora era saldamente in mano alla Compagnia di Gesù, aveva chiamato celebri docenti stranieri come il famoso professore Anton de Haen, un Clinico che pretendeva dai suoi studenti una meticolosa ed accurata descrizione della malattia eseguita al capezzale dei malati e se il malato decedeva la presenza degli allievi al riscontro autoptico.

Se il medico di famiglia potesse oggi seguire l'autopsia di un proprio malato deceduto, quante diagnosi presuntive potrebbero avere un nome ed un cognome e le Statistiche, arma formidabile in Medicina, una reale attendibilità.

De Haen dava inoltre grande importanza alle fluttuazioni della temperatura nel corpo umano, (l'uso del termometro clinico a mercurio risale ai primi del 1700) faceva prendere il loro valore in orari prefissati della giornata e voleva che fossero inseriti nella cartella clinica del paziente come si usa al giorno d'oggi.

Anton de Haen (1704-1776). Olandese, fu uno dei primi medici a introdurre il termometro in medicina, registrando le fluttuazioni giornaliere della temperatura sia per le persone sane che per i malati.

Accanto a queste iniziative realizzate, Van Swieten si occupò anche di politica sanitaria sociale che aveva proposto in un memorandum a Maria Teresa: ed in particolare l'istituzione di una Cassa di malattia per i lavoratori, di Ospedali pubblici, di Istituti per accogliere i trovatelli e di case di riposo per gli anziani. Proposte tutte condivise dall'imperatrice, con una sola eccezione: si agli orfanotrofi no ai brefotrofi che come noto accolgono figli illegittimi o trovatelli e quindi per la cattolicissima Imperatrice i “figli della colpa”. In questo modo intendeva evitare che si legittimassero e magari incrementassero le relazioni extraconiugali,

Fu realizzato un nuovo ordinamento cimiteriale: non si poteva procedere alla sepoltura prima che fossero trascorse 48 ore dalla morte, emanato il decreto con cui si ordinava che si tentassero tutte le metodiche al tempo conosciute per richiamare in vita i casi di sospetta morte apparente, furono istituiti gli obitori presso i cimiteri. Le tante innovazioni realizzate dal medico olandese non furono senza contrasti e tra quelli che tentarono di ostacolarlo vi fu il primo Maresciallo di Corte Kevenhuller che, sia pur sottovoce, definiva queste riforme per lo più infelici, lamentandosi persino dell'Imperatrice “questa cara e di solito così avveduta signora” che si lasciava indurre a dare alle sue migliori intenzioni le peggiori attuazioni, rischiando di trascinare in tal modo l' Austria Felix verso l'abisso.

Van Swieten scrisse anche un testo di medicina militare
Van Swieten scrisse anche un testo di medicina militare, “Breve Descrizzione delle MALATTIE che regnano più comunemente nelle ARMATE, e del METODO di trattarle”, che si articola nei seguenti capitoli: “Delle Tossi, Del male di Gola detto Angina, Della Pleurisia, Della Peripneumonia, Del Reumatismo e de Dolori Reumatici, Delle Febbri Intermittenti, Delle Febbri Intermittenti Vernali, o di Primavera, Delle Febbri Intermittenti Autunnali, Delle Febbri Quartane, Dell’Itterizia, Dell’Idropisia, Del Vomito, Della Collera (Cholera Morbus), Della Diarrea, Della Dissenteria, DellInfiammazione delle Intestina, Della Frenesia (Delirio), Dell’Emorragia dal Naso, Della Febbre Continua, Dello Scorbuto, Della Gangrena, De’ Mali Venerei, Della Rogna, De’ Vermi”. Per una breve analisi del testo rimando ad un articolo di Mauro Bonino

Van Swieten fu fautore del progetto del famoso complesso di edifici l' Allgemeine Krankenhaus (L'Ospedale Generale di Vienna) ed il Josephinum dedicato alla preparazione dei chirurghi militari che venne realizzato più tardi e solennemente inaugurato nel 1783 da Giuseppe II.

Van Switien scrisse molti libri tra cui merita di essere citato il Commentario in cinque volumi sugli aforismi del suo Maestro Herman Boerhaave che lo aveva pubblicato nel 1728 a Leida con il titolo: “Aphorismi de cognoscendis et curandis morbis” Rivestono ambedue grande interesse per gli studiosi di Storia della Medicina.

Ma Van Swieten è famoso anche per aver realizzato un liquore terapeutico che porta il suo nome: si trattava di una soluzione di deutocloruro di mercurio ( sublimato corrosivo ) che veniva sciolto nell'alcool rettificato e a cui si aggiungeva acqua distillata. Il sublimato corrosivo era da tempo impiegato nella cura della sifilide, ma Van Swieten ne aveva modificato le dosi e lo prescriveva con dosaggi subentranti, e con risultati incoraggianti, anche se questa metodica non fu esente da critiche da parte dei medici del tempo.

Il liquore Van Swieten per il trattamento della sifilide
Il liquore Van Swieten era usato per il trattamento della sifilide

Voglio anche ricordare per mettere in risalto il suo grande spirito illuminista, un incarico curioso e particolarissimo che gli venne affidato nel gennajo del 1755 quando giunse a Vienna la notizia, accolta con stupore generale, di uno strano processo svoltosi in una città della Moravia, al confine tra l'Ungheria e la Slesia. I giudici erano dei religiosi, gli imputati dei morti, il capo di accusa: il sospetto che fossero dei vampiri.

La sentenza era stata di condanna: i morti erano stati riesumati, il loro petto trapassato da un palo aguzzo, la testa era stata troncata, il corpo bruciato e le ceneri buttate in una fossa. La notizia era pervenuta alla Augustissima Imperatrice Regina che decise di inviare in quella contrada proprio il nostro Van Swieten per ragguagliarla su questi accadimenti. Il resoconto di questi questi fatti la ritroviamo nel libro pubblicato dall'editore Porcelli di Napoli nel 1787 dal titolo “Considerazione intorno alla pretesa Magia Postuma”.

Van Swieten rappresenta al massimo grado lo spirito illuminista: il "sapere aude" kantiano cioè "la decisione e il coraggio di far uso del proprio intelletto senza essere guidati da un altro". Contro la superstizione, Van Swieten ebbe il "coraggio di servirsi della propria intelligenza" quando fu incaricato dall'imperatrice Maria Teresa di indagare sugli strani casi di "morti viventi" che la credenza popolare chiamava vampiri.

Swieten fa risalire queste macabre usanze al 1732, dove in un cantone dell'Ungheria e precisamente nella zona tra il Tibisco e la Transilvania regnava allora tra la popolazione locale la cosiddetta Magia postuma, ovvero la credenza nei Vampiri: “chiamavansi i morti, che erano stati tanto empj, i Vampiri, e si credeva che succhiassero il sangue delle persone, e delle bestie ancora, e quando un s'avea mangiato della carne di simili animali, era giunta la sua di diventar Vampiro...” Il popolo credeva che i corpi incorrotti fossero la prova certa della natura di vampiro; contro questa superstizione, nella sua relazione, Van Swieten dà una spiegazione scientifica al fenomeno: tante le cause naturali, che possono impedire i processi di putrefazione come “le casse di piombo bene stagnate che non ammettono per nessun modo l'aria” la malattia che precedette la morte, le condizioni climatiche del luogo, la natura del terreno etc. La relazione si concludeva con queste parole: “ ...deve il mondo tutto commendare la gloriosissima nostra Sovrana per la sua saviezza, prudenza ed avvedutezza nel dare mano allo sgomberar le nebbie dell'ignoranza che tengono tuttora offuscati gli occhi della mente di alcuni suoi sudditi,..” L'imperatrice, accolte pienamente le considerazioni del nostro scienziato, emanò un decreto che vietava e puniva queste superstiziose credenze e le barbare pratiche che da esse scaturivano.

Un personaggio poliedrico il nostro medico olandese e pupillo di Maria Teresa che lo sostenne sempre anche quando nel corso di una grave epidemia di vaiolo che interessò nel 1767 Vienna e la stessa famiglia imperiale fu contrario alla vaccinazione che veniva praticata sperimentalmente in Inghilterra, ben prima della scoperta di Edward Jenner che la ufficializzò nel 1798. Ma dopo la morte della figlia e della nuora dell'Imperatrice, Van Swieten si ricredette e chiese al medico di Giorgio III, William Pringle di inviargli un medico esperto nella vaccinazione che allora consisteva nella scarificazione della cute (polsi,gambe e fronte) e l'applicazione delle pustole di animali infetti per una decina di giorni. La vaccinazione coinvolse tutti i membri dell'imperiale famiglia che acquisirono la malattia in forma lieve, ma la dinastia era salva!

L'epidemia di vaiolo che interessò nel 1767 Vienna colpì anche la famiglia 
imperiale
La famiglia imperiale degli Asburgo-Lorena nel 1754. Maria Teresa d'Austria sposò Francesco Stefano di Lorena. Ebbero sedici figli, tra cui i futuri imperatori Giuseppe II e Leopoldo II e le regine Maria Carolina di Napoli e Maria Antonietta di Francia. Ma il vaiolo colpì, spesso in modo fatale, alcuni dei suoi bambini.


Relazione di Vincenzo Martines pubblicata nel volume “Quando Trieste solcava le onde - Maria Teresa sognava il suo porto adriatico”, di Romana De Carli Szabados (2017)

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