La chirurgia odierna avrebbe potuto salvare l'ammiraglio Nelson?

Storia della Medicina Militare

di Piero Chirletti
Nell’esaminare il caso clinico della morte dell’Amm. Nelson, così brillantemente descritto dall’Ammiraglio Vincenzo Martines e per rispondere ai quesiti che egli solleva, circa la possibilità di poter salvare, con i mezzi e con le conoscenze di oggi, l’Ammiraglio Nelson, sono giunto ad alcune conclusioni che porto alla sua attenzione:

1. A mio modo di vedere la morte dell’ammiraglio Nelson riconosce nel Grave shock emorragico associato a pneumotorace sinistro quindi GRAVE EMO-PNEUMO-TORACE SINISTRO, la causa principale di morte. L’emopneumotorace massivo è, infatti, la causa principale di morte di tutte le ferite da arma da fuoco del torace, specie se il foro d’ingresso è localizzato alla base del collo o nello stretto toracico superiore (II e III costa sin) che prevede, quasi sempre, oltre alla lesione del parenchima polmonare, anche l’interessamento dei grossi vasi dell’ilo polmonare o di alcuni importanti rami collaterali, se non addirittura del mediastino e quindi del cuore. Non a caso, oggi giorno, di fronte a casi con ferite d’arma da fuoco dello stretto toracico superiore o dell’emitorace sin, con foro di entrata tra il II, III e IV spazio intercostale sin, la procedura prevista è la “Toracotomia sin d’emergenza o la sternotomia mediana” (Emergency Resuscitative Toracotomy or Sternotomy).

L’unica possibilità di controllare l’emorragia (lesione dell’art polmonare in sede extrapericardica o di un suo ramo, oppure di un’arteria bronchiale o di una vena polmonare è solo quella di eseguire una toracotomia d’emergenza al V^ spazio intercostale sin, oppure una sternotomia mediana. Non si tratta di procedere ad una riparazione dell’arteria, bensì di adottare quella procedura che va sotto il nome di Damage Control Surgery che, nel caso di ferite toraciche potenzialmente fatali, prevede il clampaggio dell’ilo polmonare (fatto con la manovra dall’alto e cioè con un lungo clamp d’aorta che, con entrando dall’alto verso il basso, comprenda possibilmente tutto l’ilo polmonare anche a rischio di chiudere il bronco sin), eventualmente il drenaggio di un eventuale emopericardio, il massaggio cardiaco interno e/o, se possibile, il controllo della perdita aerea del parenchima. Questa procedura ha il solo obiettivo di consentire l’arresto temporaneo dell’emorragia e quindi il ripristino della volemia e con essa la ripresa della stabilità emodinamica che, come è noto, costituisce la prima causa di morte dei pazienti con trama penetrante.

Se teniamo conto che i sintomi prevalenti presenti nel Trauma toracico penetrante, sono rappresentati, dallo Shock emorragico e dalla Difficoltà respiratoria, si può constatare come questi sintomi, fossero ambedue presenti nel caso dell’Amm. Nelson, consentendo quindi di formulare l’ipotesi che l’Emorragia lenta e progressiva determinata dalla lesione di un ramo dell’arteria polmonare (Emotorace), insieme alla difficoltà respiratoria data, oltre che dall’occupazione del cavo pleurico da parte del sangue, anche e soprattutto dal Pneumotorace, conseguente alla ferita del parenchima polmonare del lobo superiore sin., siano stati alla base dell’evoluzione fatale della ferita toracica dell’Ammiraglio. Il forte dolore toracico posteriore riferito da Nelson ed il “freddo alle estremità”, sono invece da ricondursi più alla lesione del VI, VII corpo vertebrale con interessamento del midollo spinale, piuttosto che ad altro.

2. Rimane da discutere il problema dell’ampiezza dell’emotorace sin, la cui modesta entità viene invece, descritta al momento dell’autopsia da parte del dott Beatty e riferita anche dallo storico Crumplin quando nel 2005, pubblica l’articolo The Most Triunphant Death.

Bisogna però ricordare che l’ammiraglio Nelson viene ferito mortalmente il 21 ottobre 1805 e l’autopsia viene eseguita l’11 Dicembre 1805. Il tempo trascorso tra queste due date, a mio modo di vedere, è di notevole importanza per una corretta valutazione del quadro clinico e delle lesioni prodotte nel torace dal proiettile esploso dal fuciliere della Redoutable. La modesta quantità di sangue che, come riferisce lo storico Crumplin, viene riscontrata all’autopsia, è, a mio parere, da riferirsi più al riassorbimento della parte liquida del sangue dopo due mesi di conservazione del cadavere, di cui una parte all’interno di una botte con brandy, con l’aggiunta di canfora e mirra, piuttosto che ad un modesto versamento di sangue che Beatty descrive al momento dell’autopsia. D’altro canto, mal si associa il tragico evolversi del quadro di shock emorragico, così ben descritto dal Dott. Beatty (sensazione di fiotto di sangue nel torace) con la presenza di una modesta quantità di sangue nel torace che, nella fase post-mortem, potrebbe essere anche fuoriuscito dalla ferita penetrante o ancor più probabilmente, riassorbitosi nel cavo pleurico.


Relazione specialistica a cura di Piero Chirletti in risposta alle considerazioni sulle cause di morte di Lord Nelson esposte dall'Ammiraglio Martines al Convegno “Diagnostica e terapia medica a bordo di navi passeggeri”, organizzato dal Prof. Mauro Salducci presso l'Aula della Clinica Oculistica del Policlinico Umberto I di Roma il 19 maggio 2016

Piero Chirletti è Professore Ordinario di Chirurgia nella Sapienza Università di Roma, Direttore della UOC di Chirurgia Generale e Malattie del Pancreas – Policlinico Umberto I – Roma, Direttore del master di II livello in Medicina di Emergenza e Past President della Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza e del Trauma (SICUT).

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